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L’Inter e la magia delle seconde punte: da Recoba a Bonny, un filo lungo vent’anni

Ogni generazione di tifosi interisti ha avuto la sua seconda punta, quel giocatore capace di accendere la luce quando il gioco sembrava spento. Non sempre un centravanti puro, ma un interprete libero, istintivo, spesso geniale. Dagli anni Novanta a oggi, l’Inter ha costruito la sua leggenda anche grazie a questi “ibridi del gol”, uomini che vivevano a metà tra la fantasia e l’area di rigore.

Oggi quel filo ideale si tende fino a Bonny, il giovane francese che sotto la guida di Chivu sta riportando in auge la magia delle seconde punte. Prima di lui, però, quella storia aveva già dei protagonisti indimenticabili.

Recoba, il sinistro che incantava San Siro

Il primo nome che viene in mente è Álvaro Recoba, il “Chino” capace di segnare gol da trenta metri e far innamorare San Siro. Arrivato nel 1997, lo stesso anno di Ronaldo, viveva in simbiosi con i grandi bomber dell’epoca: Vieri, Crespo, Adriano. Non era una punta classica, ma un talento capace di cambiare le partite con una giocata.

Recoba era poesia pura, ma anche anarchia. Entrava in campo e San Siro tratteneva il fiato. Non serviva che corresse troppo, bastava che accendesse la lampadina. Quando lo faceva, la partita cambiava volto. La sua eredità è quella del giocatore istintivo, del compagno che crea spazi e inventa occasioni dal nulla.

Adriano e la potenza condivisa

Pochi anni dopo arrivò Adriano, “l’Imperatore”. Un attaccante che univa la forza di un centravanti e l’anima da seconda punta. Con Recoba e Martins alternava ruoli e funzioni, creando una miscela esplosiva. Era devastante nel fisico, ma anche sorprendente nei movimenti.

Quando l’Inter di Mancini decollava, Adriano scendeva a prendere palla sulla trequarti, apriva corridoi e poi andava a chiuderli con un sinistro che faceva tremare le porte. In quella fase, il concetto di seconda punta si trasformò: non più solo un rifinitore, ma un’arma totale. Un modello che avrebbe ispirato gli attaccanti moderni.

Palacio e la generosità intelligente

Negli anni successivi, dopo l’epoca dei “fenomeni”, toccò a Rodrigo Palacio incarnare lo spirito della seconda punta nerazzurra. L’argentino non aveva i numeri di Adriano né la tecnica di Recoba, ma possedeva qualcosa di altrettanto raro: l’intelligenza calcistica.

Con Milito prima e Icardi poi, Palacio era ovunque servisse. Correva, cuciva il gioco, portava via l’uomo e trovava gol decisivi. Il suo lavoro invisibile teneva in equilibrio la squadra. In un periodo difficile per l’Inter, lui rappresentò la continuità: meno fantasia, più concretezza, ma sempre al servizio del collettivo.

Palacio dimostrò che la seconda punta non deve per forza essere un artista: può essere anche un operaio del gol, un compagno ideale per chi vive di area e istinto.

Lautaro, il leader moderno

Poi arrivò Lautaro Martínez, e tutto cambiò di nuovo. L’argentino ha portato la seconda punta nel calcio contemporaneo, fondendo l’estro con la mentalità da capitano. È un giocatore completo, capace di dialogare con qualsiasi partner offensivo.

Con Lukaku formava una coppia perfetta: potenza e intelligenza, forza e tecnica. Con Thuram, e ora con Bonny, ha riscoperto il piacere di alternarsi, di scambiare ruoli e movimenti. Lautaro rappresenta la continuità e l’evoluzione di quella tradizione nerazzurra: la seconda punta che diventa anche prima, il rifinitore che diventa goleador.

Il suo esempio ha aperto la strada ai nuovi interpreti. Non è un caso che Bonny si stia integrando così bene accanto a lui.

Bonny e la rinascita di un ruolo

Con l’arrivo di Bonny, l’Inter di Chivu ha riscoperto il fascino della doppia punta. Il francese non è un sostituto di Thuram, ma un giocatore diverso, più istintivo, più diretto. È una seconda punta moderna che sa fare la prima quando serve. Attacca la profondità, ma partecipa al gioco corto. Si muove a fisarmonica, proprio come facevano Recoba e Adriano nei loro momenti migliori.

Il suo modo di interpretare il ruolo sta dando nuova linfa al sistema offensivo dell’Inter. In coppia con Lautaro alterna i movimenti: uno viene incontro, l’altro va in profondità. Uno crea spazio, l’altro lo occupa. Una danza sincronizzata che ricorda le migliori coppie del passato.

Bonny ha riportato freschezza, fame e imprevedibilità. È giovane ma gioca con la sicurezza di chi ha capito che nel calcio moderno la seconda punta non è una comparsa, ma il detonatore del gioco.

Un’eredità lunga vent’anni

Da Recoba a Bonny, passando per Adriano, Palacio e Lautaro, l’Inter ha sempre custodito la magia delle seconde punte. Giocatori diversi, ma uniti dallo stesso filo: la capacità di rendere grande chi gioca accanto. Sono loro che trasformano un attacco forte in un attacco vincente, che fanno sembrare semplice ciò che è complesso.

Oggi Bonny raccoglie quell’eredità e la reinterpreta con il linguaggio della sua generazione: velocità, intensità, lucidità. È il simbolo di una squadra che non vive di nostalgie ma costruisce il futuro partendo dalla propria storia.

Quando San Siro esplode per un suo gol, tra le urla della curva e le luci che tremano, sembra di vedere ancora un’ombra sul prato: quella di chi, vent’anni fa, faceva sognare gli stessi tifosi con un sinistro a girare o una fuga palla al piede.

La magia è la stessa, solo che oggi ha un nome nuovo: Bonny.

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