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Quando arrivò il Fenomeno: l’estate del 1997 che cambiò la storia dell’Inter

Estate 1997. L’Italia è in vacanza, ma Milano no. Nelle redazioni e nei bar, sui giornali e nelle piazze, si parla solo di una cosa: l’Inter vuole Ronaldo. Non un Ronaldo qualunque, ma quello del Barcellona, il ragazzo brasiliano che a soli vent’anni aveva già incantato il mondo. Dopo i sogni di Baggio e le delusioni di troppi anni senza titolo, Massimo Moratti decide di fare il passo che cambierà la storia.

Il presidente nerazzurro non vuole un acquisto, vuole un simbolo. E per portarlo a Milano serve una trattativa titanica: 48 miliardi di lire al Barcellona, cifra record per il calcio di allora. È la nascita di una nuova era: quella in cui l’Inter torna a sognare in grande.

La trattativa del secolo

Le settimane scorrono tra smentite, contatti e colpi di scena. La stampa spagnola grida allo scandalo, quella italiana fiuta l’impresa. L’avvocato Peppino Prisco parla di “atto d’amore”, mentre Moratti lavora in silenzio. A Barcellona Ronaldo è un idolo, ma i rapporti con la società si sono incrinati per un rinnovo promesso e mai mantenuto.

L’Inter entra in scena nel momento perfetto. Offre al giocatore ciò che il Barça non gli aveva dato: fiducia totale, centralità tecnica e affetto familiare. È la fusione ideale tra ambizione e sentimento, due parole che nel vocabolario interista si incastrano da sempre.

La presentazione del Fenomeno

Il 13 luglio 1997 San Siro apre le porte. È pieno come per una finale. Ma non si gioca: si presenta un uomo. Ronaldo scende in campo con il sorriso timido di chi ancora non sa cosa lo aspetta. Tifosi in delirio, bandiere brasiliane ovunque, cori che si mischiano a lacrime di emozione.

In maglia nerazzurra il numero 10 è già di Moriero, ma per lui c’è il 9: il numero dei centravanti veri. Quel giorno, a Milano, non arriva solo un calciatore. Arriva un’icona globale, un simbolo di rinascita per un popolo che da troppo tempo aspettava un eroe.

Le prime magie

Bastano poche partite per capire che il soprannome non è esagerato. Il debutto ufficiale arriva il 31 agosto contro il Brescia: l’Inter soffre, ma Ronaldo disegna lampi di talento mai visti. A Bologna, dopo poche giornate, il gol che cambierà per sempre l’immaginario calcistico: scatto, dribbling, tocco di punta, portiere a terra. Il Dall’Ara ammutolisce, le televisioni del mondo si accendono.

Ogni sua corsa è un film, ogni controllo una lezione di fisica. L’Inter ritrova orgoglio e bellezza. Gli avversari, spesso, sembrano comparse. Quando prende palla, si alza un coro che nessun altoparlante può coprire: “Ronaldo! Ronaldo!”

Un’Inter rinata

L’effetto del Fenomeno non è solo tecnico. È psicologico, culturale, estetico. L’Inter torna a essere desiderio, tema di conversazione, motivo di appartenenza. Nella stagione 1997-98 arrivano vittorie pesanti, ma soprattutto un’identità nuova.

Gigi Simoni costruisce intorno a lui una squadra razionale, capace di coprire e ripartire veloce. A centrocampo Simeone e Zanetti fanno filtro, Djorkaeff illumina, Zamorano lotta e accompagna. Tutti giocano per Ronaldo, ma Ronaldo gioca per l’Inter. In pochi mesi diventa capitano morale, esempio di umiltà e dedizione, oltre che di genialità.

La Coppa UEFA e la consacrazione

Il 6 maggio 1998, a Parigi, la Coppa UEFA contro la Lazio diventa la notte della consacrazione. Ronaldo segna, inventa, comanda. Ogni accelerazione è una pugnalata nella memoria collettiva degli avversari. Finisce 3-0: l’Inter torna a vincere un trofeo europeo dopo anni di attesa.

Ronaldo alza la coppa da protagonista assoluto. È l’immagine che chiude il cerchio: il bambino di Rio diventato re a Milano. Nei giorni successivi arrivano il Pallone d’Oro e il FIFA World Player. Il mondo riconosce ciò che San Siro sapeva già: il Fenomeno è unico.

L’eredità di quell’estate

L’arrivo di Ronaldo nel 1997 non fu solo un trasferimento: fu un riscatto emotivo per un popolo. Restituì all’Inter il diritto di credere nella grandezza, di tornare sul tetto d’Europa e di sentirsi amata dal mondo.

Anche dopo gli infortuni, dopo le lacrime e le partenze, il suo nome resta sinonimo di meraviglia. Ogni bambino cresciuto in quegli anni ha imitato la sua corsa, ogni tifoso conserva quel poster con il 9 nerazzurro. L’estate del ’97 non fu solo l’inizio di un ciclo, ma la rinascita di un sentimento.

Ronaldo non cambiò solo la storia dell’Inter. Cambiò la percezione stessa del calcio in Italia: più veloce, più emotivo, più umano. Perché da quel giorno, ogni volta che un talento arriva a Milano, qualcuno sussurra ancora la stessa frase: “Speriamo sia come il Fenomeno.”

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