Mazzola fu candidato al Pallone d’Oro per nove volte: nel 1971 arrivò secondo, dietro Johan Cruijff. Una curiosità che vale tantissimo: fotografare un italiano sul gradino d’onore nel pieno dell’“Olanda totale” non è banale. Significa riconoscere un impatto europeo e costante.
Il contesto di un calcio che cambiava
Il 1971 è l’era in cui l’Ajax di Michels riscrive il gioco. Stare subito dietro a Cruijff, simbolo del nuovo, vuol dire essere ancora decisivi dentro l’epoca del cambiamento. Mazzola lo era: leadership, classe, continuità e l’ennesima stagione di alto profilo con l’Inter.
Perché i giurati scelsero Sandro
Incidenza nelle partite chiave, intelligenza tattica, ruolo da capitano (dal 1970), qualità tecnica che resiste alla fisicità. Il suo valore non si misurava solo in gol, ma in come stabilizzava il rendimento della squadra. Un “moltiplicatore” di prestazioni.
Il significato per il calcio italiano
Quel secondo posto certifica una filiera di campioni nostrani capaci di competere nel racconto europeo. Sull’onda dell’Europeo 1968 e del Mondiale 1970, la candidatura di Mazzola consolida la percezione internazionale dell’Italia come laboratorio di grande calcio.
Un podio coerente con la sua carriera
Non fu un picco isolato: dal 1963 in avanti, Sandro rimase presenza ricorrente nelle graduatorie. La curiosità statistica (nove candidature) racconta la longevità d’élite. Non un anno magico, ma una vita da top.
Cosa ci dice oggi
Nell’epoca degli indici avanzati, un secondo posto al Pallone d’Oro di allora è il proxy migliore dell’impatto competitivo. Per Mazzola è la medaglia che mancava per chiudere il cerchio tra club, nazionale e reputazione.
L’abbraccio ideale con Cruijff
Stare dietro a Johan significa essere nel canone dei grandi. È un riconoscimento estetico e competitivo. Mazzola vi appartiene a pieno titolo.



