La Grande Inter aveva regole ferree e una disciplina quasi militare. Dentro quella cornice, Mario Corso era la pennellata fuori schema. Il suo talento non si addomestica con i dettami; si incanala. Da qui nasce l’attrito affascinante con Helenio Herrera, il tecnico che pretendeva controllo totale.
La lista dei cedibili che non diventa mai cessione
Curiosità celebre: ogni anno, per ribadire la propria autorità, il Mago inseriva Corso tra i cedibili. Ogni anno, puntuale, la presidenza stoppava tutto. Angelo Moratti considerava Mario un patrimonio tecnico ed estetico; la famiglia lo seguiva con simpatia, e ciò irritava il tecnico, abituato a primeggiare anche negli affetti del club.
Le scintille in spogliatoio e l’ironia pungente
Corso non era tipo da abbassare lo sguardo. Quando Herrera infiammava i discorsi assicurando vittorie certe, lui ricordava che esistevano anche gli avversari. L’ironia disinnescava la retorica e ricordava a tutti che il campo, non i proclami, decide il risultato. In uno spogliatoio vincente, gli attriti diventavano spesso benzina.
Suárez, Mazzola, Facchetti, come incastrare le stelle
Con l’arrivo di Luis Suárez, le funzioni creative si moltiplicarono. Mario arretrava, si allargava, trovava linee di passaggio nuove. L’armonia non fu immediata, ma quando i pezzi si incastrarono, l’Inter divenne dominante: il sinistro di Corso cambiava partite che Suárez aveva ordinato e che Mazzola e Jair rifinivano.
L’equilibrio tra disciplina e libertà
Il segreto di quelle stagioni fu l’equilibrio tra regola e eccezione. Herrera impose struttura; Moratti difese il talento; Corso trasformò la tolleranza in opportunità. In quell’equazione, nacquero scudetti, Coppe dei Campioni, Intercontinentali. Nonostante le frizioni, tutti scoprirono che vincere, così, era più facile.
L’epilogo e la lezione
Con il ritorno di Herrera e la nuova gestione societaria, arrivò la cessione. Ma il bilancio era già scolpito. Il triangolo di fuoco—allenatore, presidente, fuoriclasse—aveva creato una delle squadre più iconiche d’Europa. La lezione resta: i grandi cicli nascono quando il club sa proteggere la creatività dentro una struttura esigente.
Un modello ancora attuale
Oggi si parla di gestione dei talenti e leadership condivisa. La storia di Corso, Herrera e Moratti era già tutto questo: conflitto produttivo, visione presidenziale, campo come giudice. È anche per questo che quella Grande Inter continua a essere un laboratorio attuale.



