Curiosità tattica per eccellenza: Mazzola nasce interno, diventa attaccante con Herrera e poi arretra “dieci” in appoggio alla punta. Stessa maglia, tre funzioni diverse. La versatilità, più del dribbling, è la sua vera super-arma.
La prima mutazione e la verticalità
Con l’arrivo di Suárez in regia, Herrera chiede a Mazzola di attaccare i corridoi. Non è un’ala, non è un 9: è il finalizzatore che sbuca. Capocannoniere in Europa e in Serie A confermano l’efficacia di questa metamorfosi.
La seconda mutazione e il controllo del ritmo
A inizio anni Settanta, con Invernizzi, Sandro arretra a regista offensivo dietro Boninsegna. Ora il suo compito è connettere reparti, cambiare lato, attivare gli inserimenti di Corso e Jair. L’Inter ritrova lo scudetto (1970-71): il cambio di prospettiva funziona.
Perché è una curiosità che anticipa il futuro
Mezzali goleador, trequartisti totali, attaccanti ibridi: parole di oggi. Mazzola è stato un “prototipo” in anni schematici. La sua disponibilità a ridefinirsi dentro esigenze tattiche lo rende un case study ancora attuale.
L’impatto sui compagni
Il suo movimento riduceva l’incertezza altrui: Boninsegna riceveva palla più pulita, le catene laterali avevano riferimenti, la linea difensiva avversaria veniva manipolata. Non è solo talento: è ingegneria del gioco.
Chi cercasse l’erede
Più che un nome singolo, il suo retaggio è un’idea: il ruolo è funzione, non etichetta. È la curiosità che spiega come si diventa grandi dentro contesti diversi senza perdere identità.
L’Inter come piattaforma di evoluzione
La Grande Inter non fu gabbia, ma officina. In quell’officina, Mazzola è il pezzo che cambia forma e resta imprescindibile.



