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La staffetta Mazzola-Rivera al Mondiale 1970 il compromesso che divise l’Italia

Messico 1970. Il CT Ferruccio Valcareggi decide: Mazzola titolare, Rivera dentro nella ripresa. Nasce la “staffetta”, curiosità tattica che travalicò il campo. Due dieci, due poetiche, un Paese spaccato: l’Italia discute ancora se fosse il miglior uso possibile di due patrimoni.

Perché Ferruccio scelse la linea mista

Valcareggi inseguiva equilibrio: Mazzola garantiva lavoro senza palla, transizioni pulite e disciplina posizionale; Rivera portava rifinitura chirurgica a difese stanche. L’idea era spaccare la partita in due fasi e affidare ai creativi compiti diversi.

La semifinale epica e la finale che brucia

Contro la Germania Ovest finisce 4-3 dts: Mazzola gioca la prima ora, Rivera decide all’ultimo respiro. In finale, contro il Brasile, la staffetta si applica in modo anomalo: Sandro resta in campo quasi fino alla fine, Rivera entra all’84’. Finisce 4-1 per Pelé e compagni. Ancora oggi si discute se i due potessero coesistere prima, o più a lungo.

Due grandezze complementari

Mazzola era intensità e verticalità, Rivera era cesello e pausa. Alternarli riduceva il rischio, ma forse tagliava il tetto massimo dell’azzurro. La curiosità della staffetta è proprio qui: un compromesso geniale o prudentissimo? Dipende dallo sguardo.

Il contesto di un calcio diverso

Erano anni senza cinque cambi, con moduli rigidi e preparazioni meno specialistiche. Tenere insieme due play finali imponeva sacrifici strutturali. Valcareggi scelse la via della sostenibilità. La medaglia d’argento non è un fallimento; è il segno che quell’idea, pur divisiva, funzionò.

Cosa resta oggi

La staffetta è diventata un archetipo: quando una nazionale ha due fuoriclasse nello stesso ruolo, riemerge l’eco di Mazzola-Rivera. Non è solo nostalgia: è la domanda eterna su come si sommano i talenti. Sandro, in quel racconto, è il volto della fatica intelligente, della bellezza che lavora.

Un dibattito che ha educato il pubblico

Quella discussione insegnò all’Italia a parlare di moduli e compiti, non solo di nomi. È merito anche di Mazzola se il Paese ha imparato la grammatica del gioco guardando un Mondiale.

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