Francesco Morini, difensore juventino, è l’antagonista ideale per capire Boninsegna. Duelli ripetuti, fisici, cerebrali. È lì che il nove interista affina mestiere, furbizia e cattiveria sportiva. Una curiosità tattica che spiega la solidità del suo rendimento.
La grammatica del corpo a corpo
Spalle alla porta, Boninsegna usa leve, braccia, giochi di busto. Morini replica con marcature dure e tempi d’anticipo. Ogni scontro è una lezione: come girarsi in un metro, come guadagnare fallo, come liberare compagni.
Impatto sul derby d’Italia
Inter-Juve diventa un palcoscenico per specialisti della guerra di posizione. Il pubblico di San Siro impara a riconoscere la bellezza ruvida di quei duelli. Per l’Inter, avere un nove che non arretra è identità.
Crescita per osmosi
Confrontarsi con il miglior difensore possibile ti migliora. Boninsegna porta quel livello nelle altre partite, rendendo medie difese un problema relativo. È così che si costruiscono i capocannonieri: alzando l’asticella ogni domenica.
Dal campo alla narrazione
I match report dell’epoca raccontano quasi sempre questo confronto. Una pagina centrale del derby d’Italia. Curiosità: Morini sarà poi compagno di Boninsegna alla Juventus, dimostrando quanto il rispetto nasca dalla lotta.
L’Inter che esce più forte
Il nove nerazzurro che vince duelli trasmette coraggio alla squadra. I centrocampisti alzano il baricentro, gli esterni osano. È una catena di valore che nasce in uno scontro a due e finisce in vittorie collettive.
Un laboratorio di centravanti
Per i tifosi e per gli analisti, quei duelli sono un manuale. Spiegano perché Boninsegna fosse perfetto per l’Inter: non solo gol, ma dominio dei fondamentali dell’attaccante classico. Un capitale tecnico che ha fatto scuola.



