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Il ragazzo di Milano che cambiò il destino dell’Inter: la vera storia di Virgilio Fossati

C’è una figura che ogni tifoso dell’Inter dovrebbe conoscere, e non solo per ciò che ha fatto in campo. Prima di Meazza, prima di Facchetti, prima di Zanetti, ci fu lui: Virgilio Fossati, il ragazzo milanese che divenne capitano, allenatore e simbolo di una squadra appena nata. La sua storia comincia lontano dalle luci degli stadi, nelle strade tra Porta Ticinese e i Navigli, dove il calcio non aveva ancora eroi, ma sogni.

Dalla borghesia milanese ai campetti sterrati

Virgilio nasce il 3 gennaio 1891 a Milano, in una famiglia borghese. Studia ragioneria, ma il pallone lo conquista presto. Non esistono ancora scuole calcio: si gioca nei cortili, sugli spiazzi di periferia, con palloni improvvisati e porte disegnate col gesso sui muri. È tra quei ragazzi che Fossati plasma il suo carattere: deciso, carismatico, istintivamente leader.

Da adolescente fonda con alcuni compagni una piccola squadra, il Minerva, con cui affronta sfide amichevoli contro club minori. Ed è proprio durante una di quelle partite che qualcuno nota quel giovane alto, magro, dagli occhi determinati. Il Milan lo chiama nelle giovanili. Per molti sarebbe un traguardo. Per lui, invece, è solo l’inizio.

1908: la scissione che cambia tutto

Il calcio italiano sta vivendo un terremoto. All’interno del Milan alcuni soci non condividono più le scelte della dirigenza, specialmente sulle restrizioni verso i giocatori stranieri. Una parte del gruppo decide di fondare una nuova società, aperta al mondo. Tra quei pionieri, il più giovane è proprio lui: Virgilio Fossati.

È il 9 marzo 1908. In un ristorante milanese viene firmato l’atto di nascita del Football Club Internazionale Milano. Fossati mette la sua firma. Non è più un semplice giocatore: è un fondatore. A soli 17 anni, ha scritto il primo capitolo della storia nerazzurra.

Il debutto con la nuova maglia

La nuova squadra è appena nata, ma ha bisogno di uomini veri. Fossati non ha paura. Nel suo esordio, il 4 ottobre 1908, l’Inter affronta il Genoa e viene travolta 10-2. Un debutto amaro. Ma tra quei giocatori smarriti, ce n’è uno che non abbassa lo sguardo: Fossati. Mentre altri cedono, lui incita, organizza, comanda. È il giorno in cui, senza saperlo, diventa capitano.

Solo due settimane dopo disputa il primo derby della storia contro il Milan. L’Inter perde 2-1, ma il pubblico nota quel giovane che non si arrende mai. Non corre più degli altri: pensa meglio degli altri.

Dal campo alla guida tecnica

All’epoca non esiste l’allenatore come lo intendiamo oggi. È il capitano a guidare la squadra. E Fossati, pur giovanissimo, diventa subito l’uomo delle decisioni. Sceglie la formazione, imposta tattiche, sprona i compagni. Diventa il punto fermo di uno spogliatoio che ha bisogno di un leader.

Nella stagione 1909-1910 riforma la squadra: allontana chi non crede nel progetto, fa arrivare uomini nuovi come Aebi e Campelli. Organizza persino il primo ritiro della storia dell’Inter: non esiste ancora l’idea di concentrare la squadra lontano da casa, ma lui intuisce che per vincere serve prima diventare gruppo.

L’uomo del primo scudetto

È il 24 aprile 1910. L’Inter affronta la Pro Vercelli allo spareggio per il titolo. Gli avversari, per protesta, schierano una squadra di ragazzini. Fossati non si esalta, non festeggia troppo. Sa che quel tricolore non è un regalo, ma il frutto di due anni di costruzione. Segna due gol, guida i suoi con serietà e porta l’Inter al primo scudetto della sua storia.

Da quel giorno, per tutti, diventa il Capitano.

Il primo interista in Nazionale

15 maggio 1910: l’Italia gioca la sua prima partita della storia, contro la Francia. In quella formazione azzurra spicca un nome: Virgilio Fossati, il primo interista convocato in Nazionale. Non solo gioca: segna. È lui l’autore del secondo gol dell’Italia. Il primo eroe nerazzurro in maglia azzurra.

L’ultima partita

Il 16 maggio 1915 gioca l’ultima partita con l’Inter, contro il Genoa. Il giorno dopo, l’Italia entra in guerra. Il calcio si ferma. Fossati non esita: si arruola. Non torna più.

Un simbolo dimenticato?

Molti tifosi moderni non conoscono il suo nome. Eppure, senza di lui, l’Inter non sarebbe ciò che è diventata. Non fu solo un giocatore: fu fondatore, capitano, allenatore, patriota. Un uomo che trasformò un’idea in una squadra, un colore in un simbolo, un sogno in una storia.

La sua vita finì nel fango della guerra, ma iniziò tra i cortili di Milano. Ed è lì che bisognerebbe tornare, per ricordare che ogni leggenda nasce da un ragazzo che crede in qualcosa più grande di lui.

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